Isole Faroe, il cibo al confine del mondo

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Terre lontane e misteriose, ricche di tradizioni peculiari e produttrici di materie prime che oggi sono nei piatti più famosi della cucina nordica e dei ristoranti al top. Le Faroe sono le nuove Colonne d'Ercole del food?

di Elisa Poli

Isole Faroe, il cibo al confine del mondo 

18 isole abbandonate nell'Atlantico del Nord. Un luogo che non sapevo nemmeno esistesse, sperduto, che però, senza saperlo, finisce davanti ai nostri occhi più spesso di quanto non pensiamo. Le aragoste, gli scampi, i merluzzi pescati qui, dalle carni candide, sono considerati i migliori del mondo e riforniscono i ristoranti più prestigiosi.
Territorio conquistato nei secoli solo da monaci, pirati, vichinghi e anche oggi, volente o nolente, terra di frontiera. Non è un luogo comune, gli abitanti vivono ancora in simbiosi con la natura, in un modo che è difficile far rientrare nei nostri canoni culturali. La sopravvivenza per secoli è stata durissima e cacciare balene, raccogliere pulcinelle di mare e procellaria artica e le loro uova rientra nelle attività normali per la produzione di cibo, come la pesca e l'allevamento.
D'altra parte arrivare qui, soprattutto nella stagione fredda, può essere ancora un'avventura. Il tempo, soggetto a improvvisi cambiamenti, il vento forte, la nebbia fitta potrebbero rendere emozionante l'atterraggio a Vágar, dove la pista di atterraggio è breve, affacciata sul mare e stretta fra colline.
Ma sbarcare, grazie alla bravura di piloti cresciuti in condizioni atmosferiche avverse, significa mettere piede in un luogo che non ha eguali nel mondo.


Isole Faroe, il cibo al confine del mondo 

Le isole verso Nord sono tutte spettacolarmente a picco sul mare, dove i venti battono violentemente la costa, per declinare dolcemente invece nelle coste a sud. Alcune isole sono raggiungibili solo via elicottero, altre invece sono collegate da moderni tunnel sottomarini, che possono diventare perfino sede di opere d'arte, come quello che collega Leirvík e Klaksvík, illuminato dalle luci di Tróndur Patursson, artista del vetro e scultore.
E i faroesi, un po' come il paesaggio, sono ricchi di contraddizioni e sorprendenti: accoglienti, con un senso dell'umorismo nero, ma pronti a chiudersi se i temi affrontati sono la caccia alle balene e le quote di pesce europee comunitarie, che le isole non rispettano in quanto indipendenti politicamente dalla Norvegia. Alcuni argomenti non trovano appigli, quello che resta è la passione nelle parole di chi racconta tutta una vita in mare, come il capitano Mortan Johannesen, o di chi ti offre grasso di balena, con una patata lessa e un po' di stoccafisso come spuntino tradizionale. Si intuisce che il legame fortissimo fra paesaggio e sopravvivenza è un cordone ombelicale che non è mai stato tagliato.
Eppure si sta trasformando, grazie a persone come Leif Sørensen. Questo cuoco, fino a poco tempo fa a capo del ristorante Koks, ha firmato con altri, tra cui René Redzepi, il Manifesto for the new nordic kitchen e ha cambiato la mentalità degli abitanti. Oggi nella capitale Tórshavn sorgono, accanto a ottimi ristoranti tradizionali come Aarstova in cui mangiare la saporita carne di montone, anche quelli di pesce, frequentati da turisti, ma anche, finalmente, dai faroesi: piccoli, grandi cambiamenti. Mentre al Koks (
www.koks.fo), angolo gourmet all'interno dell'hotel di design Føroyar, grazie al talento dello chef Poul Andrias Ziska e della sommelier Karin Visth, si continua a sperimentare, trasformando quello che mare, boschi, campi, cielo offrono in sapori attuali: lo scampo, servito adagiato su pietre calde e affumicato con fumo di aghi di pino o il dashi di alghe con riccio di mare sono capaci di risvegliare emozioni ataviche e imprimersi nella memoria a lungo. I cuochi ogni giorno raccolgono, preparano le materie prime per ore. La cantina, ricchissima, ospita non solo cene private su un tavolo ricavato da un solo albero, ma talvolta anche esperimenti di fermentazione sottovuoto di frutta e piante.
Ancora una volta la tradizione si unisce allo spirito iconoclasta. Con la parola ræst si indica il processo di fermentazione ed essiccazione utilizzato dai faroesi per conservare a lungo carne e pesce. Il risultato è un sapore, umami, in cui si concentrano le peculiarità del territorio.

Isole Faroe, il cibo al confine del mondo

Non è raro imbattersi in casette, o hjallur, simili a cabine, situate accanto alle abitazioni. Qui dentro viene essiccata la carne di pecora, grazie al vento freddo che penetra attraverso le assi lasciate distanti l'una dall'altra. Il clima, ventoso e freddo, è ideale probabilmente anche per la fermentazione dei formaggi, che però, curiosamente, non hanno una vera e propria tradizione qui: il latte delle poche mucche viene consumato così come è o sotto forma di yogurt.
Oggi il turismo punta a diventare una delle forze economiche faroesi, che fino a pochi anni fa si sostenevano solo su pesca, allevamento di salmoni (quelli faroesi sono tra i più pregiati e con il miglior rapporto qualità/prezzo) e produzione di lana. E se quest'ultima comincia a essere conosciuta e apprezzata in tutto il mondo, perfino in Giappone grazie al brand Gudrun & Gudrun
(www.gudrungudrun.com), niente può impedire a questo territorio fatto di sentieri che portano da dirupi a colline, laghi e cascate, attraverso villaggi di pescatori con casette dipinte di nero e la più antica casa ancora abitata al mondo, quella di Kirkjubøur, di diventare una meta ambita per gli appassionati di natura, birdwatching, hiking e cucina.


Isole Faroe, il cibo al confine del mondo

Informazioni: www.visitfaroeislands.com
Le Isole Faroe sono raggiungibili dall'Italia con voli diretti Atlantic Airways da Malpensa durante la stagione estiva.

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